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Ricominciamo da qui: Gesualdo, città della musica e delle arti

Gesualdo, città o borgo? Città d’arte o borgo storico?

Alcuni anni fa, dovendosi coniare uno slogan che rappresentasse l’identità culturale di Gesualdo, con un gruppo di amiche e amici si optò per Gesualdo, città della musica e delle arti.

La scelta, munita d’intento programmatico, fu chiaramente meditata.

Essa faceva appello innanzi tutto alla storia. Sappiamo infatti che già nel 1743 la “Terra di Gesualdo per le sue antiche e molteplici qualità, per la sua conformazione e estensione [era] insignita del nome di Città”. Un riconoscimento derivante dall’aver annoverato la storia gesualdina “un buon numero di famiglie prestigiose (per onori oltre che per ricchezze), di uomini illustri (tanto nel diritto civile quanto in quello canonico), di confraternite (sia maschili sia femminili) e poi di monaci, sacerdoti e principi. Inoltre, per la sua importanza, l’altitudine del luogo e l’amenità dell’aria, [Gesualdo] è ritenuta non senza merito tra le più celebri Terre di queste parti […]”: si legge così nella bolla papale con cui Benedetto XIV fece propria una petizione popolare in favore dell’utilizzo di precise insegne da parte delle chiese collegiate gesualdine.

Città, dunque; il perché invece della specificazione legata alla musica e alle arti non abbisogna di spiegazioni, data la fama internazionale che ormai circonda la figura del Principe madrigalista Carlo Gesualdo.

Ciò che al contrario andrebbe chiarito è che la decisione amministrativa di adottare per la propria comunità una “qualificazione formale” sottintende una precisa prospettiva politica ovvero di sviluppo economico, sociale e culturale. Dire, infatti, “borgo storico” o “città d’arte” non è la stessa cosa. Non lo è, perché una cosa è decidere di aderire a un club privato, che tutela recupera e valorizza le tipicità locali rappresentandole (forse inconsciamente) per il tramite della metafora gastronomica (“ritrovare atmosfere, sapori e odori che fanno diventare la tipicità un modello di vita che vale la pena di gustare con tutti i sensi”), altra cosa è proiettare il proprio territorio in una diversa rete istituzionale, dalle dimensioni ultra-locali, tenendo conto delle raccomandazioni che l’Europa detta per le “piccole città” dotate di “grande importanza” storica, letteraria e artistica.

La differenza si ripercuote anche nel campo delle buone prassi. Al di là però di qualsiasi elenco proponibile circa le buone prassi da seguire, quel che davvero conta è la consapevolezza dell’obiettivo; nel nostro caso, la consapevolezza della considerevole distanza che intercorre fra il riconoscimento certificato delle tipicità locali dei paesini di provincia (in tal modo vengono definiti i borghi d’Italia rientranti nell’omonima guida) e la certificazione della cultura quale elemento centrale di una identità cittadina, in grado di concorrere a più livelli grazie al suo enorme portato storico.

Si tratta, insomma, di riconoscere in loco la singolarità che ci viene già attribuita sul piano internazionale; e cioè che Gesualdo, storicamente città dotata di vari borghi, ha regalato al mondo alcune opere riconosciute ufficialmente quale patrimonio imprescindibile della cultura occidentale.     

Il mutamento di prospettiva riguarda altresì la materia turistica: la pretesa di “ricevere turisti”, in virtù di un circuito scelto fra i tanti disponibili, dovrebbe lasciare il posto alla pretesa di “attrarre turismo” e –  in un certo qual modo – di produrlo, garantendo sì, per questa via, un elevato grado di “restituzione territoriale”.

Capita assai raramente (e per fortuna Gesualdo rientra fra le rarità) che un processo di piena e completa riappropriazione possa trovare compimento in un quadro effettivo di comparazione europea e internazionale: una chance tutta da giocare e, soprattutto, da vincere!

 

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