Le opportunità del “Decreto Rilancio” / Sulle funzioni fondamentali dei Comuni
L’emergenza Covid-19 si è rivelata essere non solo un’emergenza sanitaria, ma anche e soprattutto un’emergenza finanziaria ed economico-produttiva. Ed è per questo che lo Stato è venuto incontro alle esigenze dei Comuni stanziando diversi fondi e contributi immediatamente spendibili, come il “Fondo di solidarietà alimentare” e il “Contributo disinfezione e sanificazione”.
Esiste però un terzo e importante finanziamento compreso nel “Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali” (art. 106 del Decreto legge n. 34/2020) che, subito operativo, sostiene i Comuni in materia tributaria e fiscale, affinché si agevoli per quanto più possibile la cosiddetta “ripartenza”, alleggerendo il peso contributivo a carico di cittadini e imprese.
Il fondo copre varie criticità: le minori entrate del primo quadrimestre 2020 legate alla chiusura delle attività (ad esempio, minori entrate Cosap e Tosap per la chiusura del mercato settimanale su aree pubbliche nonché l’esenzione per i pubblici esercizi), la cancellazione di alcuni versamenti in autoliquidazione (ad esempio, cancellazione acconto Imu), lo slittamento delle rate Tari 2020 al secondo semestre, la sospensione delle attività di accertamento, notifica e così via.
Sono escluse purtroppo le spese comunali considerate – ahimè! – “non fondamentali” dall’ordinamento giuridico (come per i settori ambiente, cultura, sport, turismo, ecc.), per ricomprendere le quali l’Anci ha chiesto un aumento del fondo statale.
Per la distribuzione del fondo ai Comuni italiani, l’art. 106 del cosiddetto “Decreto Rilancio” ha previsto due momenti.
Il primo, esauritosi il 29 maggio scorso, ha riguardato l’erogazione immediata di un acconto pari al 30% delle somme complessive stanziate dallo Stato. Il secondo, relativo alla rimodulazione del contributo, si concluderà il 10 luglio prossimo. L’errore che molti comuni stanno commettendo è rimanere fermi al primo momento, anziché organizzarsi in funzione della seconda scadenza.
È la ragione per cui considero inutili – e sterili dal punto di vista amministrativo-comunale – le discussioni sul calcolo della percentuale di acconto che, data la sua natura di elargizione emergenziale, non è discutibile in sede periferica (“A caval donato non si guarda in bocca”, dice un vecchio adagio).
Ad ogni modo, se si vuole comunque risalire a monte delle decisioni governative, tale acconto è stato calcolato, dice l’articolo di legge, innanzitutto “in proporzione alle entrate al 31 dicembre 2019 di cui al Titolo I” del sistema SIOPE. Ecco la “proposizione principale” della norma in relazione ad un mero interesse di verifica contabile: il Titolo Primo, appunto, del Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici. E, nel caso dei piccoli comuni, ci si potrebbe addirittura fermare qui, perché il Titolo Primo riguarda i tributi, riguarda cioè le entrate relative a tutti i tributi, con esclusione degli incassi riferiti ai fondi di solidarietà comunale (qualificati tecnicamente col nome di “trasferimenti”).
Soltanto dopo, dopo il Titolo I (Tributi), arrivano i riferimenti subordinati ai proventi rientranti nel Titolo III, secondo la tipologia 1 (proventi di servizi e proventi derivanti dalla gestione di beni) e la tipologia 2 (proventi derivanti dall’attività di controllo e repressione delle irregolarità e degli illeciti).
È evidente che le tipologie di entrate relative al Titolo III, a differenza delle tipologie di entrate relative al Titolo I (Tributi), si addicono più e meglio ai grandi comuni, alle città metropolitane e alle province. Ma si tratta, come precisato, di previsioni ulteriori rispetto alla previsione principale.
Detto questo, a mo’ di training autogeno, va aggiunto che il calcolo dell’anticipazione del 30% non è compito degli amministratori farlo né tantomeno presumerlo, visto che esso è già stato calcolato in sede centrale dal Governo. Per Gesualdo, ad esempio, il paese dove svolgo il ruolo di consigliere comunale, lo Stato ha versato in tesoreria esattamente 30.419,60 euro. Sarebbe buona abitudine civica verificare con solerzia le attribuzioni statali riconosciute in favore dei propri comuni. Cosa oggi d’altra parte semplicissima, grazie ai siti ministeriali sempre aggiornati in tema di finanza locale.
Ciò nonostante, rimane indispensabile il fatto che gli amministratori non rinuncino a compiere il salto di qualità dal ruolo burocratico al ruolo politico. Di qui l’importanza di impegnarsi nella lettura e comprensione integrale delle norme, rendendosi partecipi del concetto sotteso all’espressione normativa “funzioni fondamentali”.
Ecco perché si sostiene che non ha senso impiegare il tempo amministrativo nel calcolo inutile di una percentuale (inutile perché – lo si ripeta all’infinito – quella percentuale, calcolata da altri per noi, è già stata incassata dalle tesorerie comunali). Meglio esercitarsi sulla possibilità di ottenere, accanto al 30% di aiuti già ricevuti, il restante 70%. E questa è prerogativa esclusiva dei Comuni. Questo, anzi, è il terreno sui cui occorre misurare le proprie competenze amministrative.
Difatti l’articolo di legge di cui si discute, l’art. 106 del “Decreto Rilancio”, dopo aver stabilito l’erogazione immediata di un acconto del 30%, aggiunge che il restante 70% dipenderà dalla “verifica a consuntivo della perdita di gettito e dall’andamento delle spese da effettuare entro il 30 giugno 2021”. La rimodulazione dell’importo, cioè, dipenderà più che mai da quanto si deciderà in sede di Bilancio di previsione, deputato ad indicare i fabbisogni di spesa e le minori entrate (che sono poi le voci di monitoraggio per la rimodulazione del finanziamento).
Più semplicemente. Se si scrive in bilancio che si procederà*:
- all’esenzione dall’imposta sulla pubblicità ed insegne per tutto il periodo di chiusura delle attività commerciali, artigianali e professionali;
- all’esenzione dalla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP) per tutto il periodo di chiusura delle varie attività e fino al 31 ottobre 2020;
- all’esenzione dalla tassa sui rifiuti (TARI) per le attività soggette a chiusura (bar, ristoranti, pizzerie, parrucchieri, estetisti, ecc.) e a una serie di agevolazioni per le famiglie in stato di disagio economico con azzeramento della tassa per i nuclei familiari con reddito zero;
- al differimento del pagamento della prima rata della tassa sui rifiuti (TARI) al 30 settembre 2020;
- alla sensibile riduzione delle aliquote IMU e alla non applicazione di sanzioni ed interessi per chiunque, in difficoltà economica, paghi la prima rata entro il 30 settembre 2020,
la rimodulazione terrà conto di una manovra pari a 200mila euro di minori entrate (*avverto che mi sono limitato a riportare in elenco semplicemente quanto deciso da altro Comune irpino, quello di Sant’Angelo dei Lombardi).
Certo, se si vuole fare i taccagni con i propri cittadini e commercianti, non credere alle loro necessità e ai loro bisogni, evitando così di aggiungere fondi comunali ad integrazione degli aiuti statali (cosa invece possibile grazie al risparmio di spesa che le amministrazioni hanno registrato su molte voci di bilancio durante il lockdown), si varino almeno le misure di sostegno secondo le opportunità di legge, ovvero nei limiti dell’indebitamento concesso dal “Decreto Rilancio”.
Come si fa? Con un’operazione aritmetica: rapportando l’importo ricevuto a titolo di acconto (ad esempio, 30.419,60 euro) al totale del fondo (nel medesimo esempio, il 100% equivarrebbe quasi a 100mila euro).
Piccolo suggerimento: per il principio di prudenza amministrativa, è consigliabile ridurre il risultato ottenuto (ad esempio, 100mila euro) del 10-15%, cosicché il calcolo possa essere considerato realmente attendibile ai fini della formulazione delle previsioni o della verifica degli equilibri di bilancio.
Che i Comuni (ri)scoprano in fretta il ruolo etico che essi hanno nella gestione dei numeri contabili: un’altra emergenza, che in Italia non sembra avere mai fine.
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Come è andata a finire
Il Comune di Gesualdo ha ricevuto, come annunciato, euro 76.829,44 (l’acconto versato nella tesoreria comunale nel mese di maggio è stato di euro 30.419,60, il saldo versato nel mese di luglio invece è stato di euro 46.409,84). Tuttavia, non c’è stata nessuna manovra di bilancio indirizzata all’esercizio delle funzioni fondamentali, secondo quanto narrato nell’articolo. Bisognerà seguire le sorti di questi soldi affinché, fino all’approvazione del bilancio prossimo, essi non prendano altre strade (sic!)
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