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La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin: il regalo di Enrico Ianniello all’Irpinia / 2

3. Il contesto del romanzo

Il romanzo di Ianniello, diviso in due parti, nasce nel cuore dell’Irpinia e precisamente a Mattinella, frazione di Andretta: un paese contadino e di collina dell’entroterra campano assunto a simbolo di ciò che Manlio Rossi Doria chiamò “terre dell’osso”, che Benedetto Croce definì “caviglia d’Italia” e che il protagonista chiamerà più direttamente “osso pezzillo”, un luogo dove il mare – distante qualche centinaio di chilometri – era lecito quasi solo immaginarlo. Era, in quanto il romanzo è ambientato sul finire degli anni Settanta, a ridosso di una data fatidica, quella del terribile terremoto del 23 novembre 1980. Continue reading

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La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin: il regalo di Enrico Ianniello all’Irpinia / 3

6. Insegnamenti di vita e avvertimenti

Il gioco dell’effervescenza prodotto dall’Idrolitina, appena richiamato, tra le tante immagini evocative proposte dal libro non è certo la principale e rischia anzi di passare quasi inosservata, circondata come essa è da una lunga serie di rappresentazioni toccanti e seducenti. Ciò nonostante quella visione spiega bene un presupposto basilare del racconto: i cambiamenti, se non intervengono le fratture imposte dal destino o gli sbalzi improvvisi decisi dalla natura, avvengono o avverrebbero pianamente, attraverso cauti passaggi di consegna. Il “fischiabolario”, in fondo, incarna siffatta idea. Continue reading

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La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin: il regalo di Enrico Ianniello all’Irpinia / 4

8) Premonizioni: come si ricostruisce una memoria

Quanto descritto fin qui ha a che fare col tema delicato della “memoria” intesa quale strumento di produzione e trasmissione di “saperi”, inquadrata quindi nella sua dimensione oggettiva di possesso e certezza. Ianniello, tuttavia, dedica spazio anche alla dimensione più propriamente moderna della memoria, quella interiore e soggettiva, incentrata sulla faticosa ricomposizione delle coscienze individuali e collettive. Capita così che nell’economia del racconto il “gioco dell’effervescenza”, dello “scambio di bollicine”, ceda il passo al “gioco delle premonizioni”. Continue reading

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Pazzi furiosi (secondo il diritto romano) / IV

6. Le parole per dire follia

La riprova di ciò giunge dall’analisi comparata con le altre espressioni richiamate in parentesi nel paragrafo precedente. L’autrice le passa ordinatamente in rassegna.

La presenza ad esempio nelle commedie di Plauto di “larvatus” (che vuol dire in preda alle larve, agli spiriti dei morti intesi come entità malefiche) e di “cerritus” (“colpito dall’ira della dea Cerere”) aiutano a comprendere lo scarto tra il linguaggio specialistico e quello di uso comune, che in questo caso era indirizzato al divertimento del pubblico. Lo stesso può dirsi per il termine poetico “lymphatus”, “colpito dalla ninfa”: “furosius” si differenzia giacché non designa mai una patologia o un suo sintomo né viene esplicitamente riferito, nell’uso che ne fanno i giuristi e gli autori latini in genere, a un incontro con un essere soprannaturale, malgrado l’etimologia. Continue reading

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Pazzi furiosi (secondo il diritto romano) / III

4. La cura “emica”

Di qui la cura “emica” proposta da McClintock, che decide così di attingere ad sua specializzazione, coltivata negli ultimi anni con maestria: l’antropologia. Dice l’autrice: le culture si descrivono e si interpretano utilizzando per quanto più sia possibile concetti “vicini all’esperienza” dei loro possessori; il che vuol dire muoversi all’interno degli spazi storici considerati, dopo esservi entrati nudi, spogliati di tutto ciò che deriverebbe dall’esterno, che rimane dunque fuori; spogliarsi, insomma, del proprio sguardo (etico) per assumere “gli occhi degli altri” cui intendiamo riferirci, di cui intendiamo raccontare l’esperienza. Assumere una posizione “emica”, insomma, significherebbe – sotto diverso angolo visuale – recuperare quella visione storica del diritto romano cui si è tante volte abdicato – in chiave pandettistica – per conclusioni attualizzanti. Continue reading

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Pazzi furiosi (secondo il diritto romano) / II

2. Storia e storiografia

La romanistica, a dire il vero, non è a digiuno su questi temi. Ricorda l’autrice: “Dividendosi per ambiti (il tragico, il medico e il filosofico-giuridico), essa ha affrontato numerosi problemi interpretativi attinenti alla follia, confrontandosi proficuamente con fonti extra-giuridiche, letterarie, mediche e retoriche”.

Ecco, il pregio dello studio di Aglaia McClintock è anche qui: unire alla storia la storiografia, indicare cioè le più importanti monografie che hanno caratterizzato lo studio della follia nell’antica Roma. Altro pregio è che il criterio cronologico utilizzato dall’autrice nell’esposizione delle fonti storiografiche non penalizza affatto il dialogo tra le monografie di un tempo e quelle di oggi. Capita così che l’Audibert, autore del primo lavoro organico sulla follia, nel 1890, dialoghi con Michel Foucault, la cui storia della follia del 1961 è al principio di molti avvenimenti, ivi compresa in Italia la Legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi nel 1978. Su questa scia, si collocano i contributi di Oliviero Diliberto, Enrico Nardi, Carlo Lanza, Ferdinando Zuccotti, Giunio Rizzelli e così via, ognuno con le proprie caratterizzazioni. Continue reading

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Conosci la storia (per nulla fantastica) del Pentcho? / 2

La partenza

Il primo a prendere la parola è Alexander Citrom, colui dal quale tutto ha avuto inizio. Spiega il giovane studente le difficoltà legate alla ricerca di finanziamenti per un’impresa percepita da chiunque nella sua gravosità. Trovato il potenziale finanziatore, un ricco negoziante, ebreo anch’egli, Alexander farà attenzione a toccare tutti i tasti possibili utili al raggiungimento del suo scopo. Farà appello all’orgoglio dell’appartenenza, alla fede comune, alla rabbia per un comune destino ingiusto, fino alla finzione adulatrice per il potere e il danaro. Continue reading

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Conosci la storia (per nulla fantastica) del Pentcho? / 3

Il Danubio

Della navigazione lungo il Danubio colpiscono le parole dello studente Karl Hoffmann: “Costretti in spazi angusti, con i viveri sempre più ridotti e il caldo opprimente a togliere forza dopo notti insonni, noi cimici del Pentcho cominciammo così, per la prima volta dopo la partenza, a sperimentare anche la rabbia, l’aggressività, la violenza fisica: l’ultimo stadio, prima della follia”. Continue reading

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Conosci la storia (per nulla fantastica) del Pentcho? / 4

Ferramonti

Della permanenza in Calabria, a Ferramonti, rimane impressa la testimonianza (ristretta, asciugata e ritratta) del farmacista: “Mi sembrava di essere diventato un oggetto: ero io, il lenzuolo consunto che copriva il pagliericcio della branda; io, la borsa di cuoio che avevo riempito di ricordi e che mi faceva da scomodo cuscino; io, le scarpe che mi guardavano tristi e inoperose dal fondo del letto, chiedendomi se le avrei mai più calzate. […] Per questo ero diventato bravissimo nel restare immobile […]. Avevo persino imparato a respirare più piano, cautamente: quasi di soppiatto, per evitare che il dolore che avevo dentro si accorgesse che ero ancora vivo e ricominciasse a torturarmi”. Continue reading